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artistici, dato che la Gioconda non rientrerebbe nemmeno
nelle cinque opere più importanti di Leonardo, ma
la fama, è noto, è roba curiosa e imprevedibile, non
necessariamente corrisponde al merito. Tanto si è disquisito,
spesso a sproposito, attorno al mistero di questa damigella
dall’espressione bonaria, ma assai ammiccante, un po’
troppo sgualdrina, diciamoci la verità, per essere considerata
timorata di Dio, che il suo autore, rimasto in possesso di un
dipinto mai consegnato, deve avere convertito in altro,
una personificazione della natura, probabilmente, come
provano le analisi radiografiche. Il sorriso, tipicamente
leonardesco, è a labbra lunghe e serrate: che c’entrano i
denti? C’entrano, perché secondo alcuni studiosi, cimentatisi
con spericolatezza in diagnosi mediche, una conformazione
siffatta nasconderebbe irregolarità nella dentatura, dovute
forse a piorrea, assai frequente nei tempi antichi, anche in
età precoce. Il mistero della Gioconda potrebbe essere,
dunque, quello di non avere avuto un buon dentista.
Il Cavadenti della Galleria Palatina, a Firenze, è il più discusso
fra i quadri certi di Caravaggio. Solide le documentazioni
d’epoca che lo riguardano, solidi i riscontri tecnici su cui
ha tanto insistito la specialista decana Mina Gregori, con
le incisioni, i segni cavi che Caravaggio apportava solo
sull’imprimitura dei suoi dipinti originali, ad abbozzare le
forme più generali, prima di impiegare il pennello; solidissima
la notorietà dell’opera, documento prezioso di come si
svolgesse l’attività dentistica in epoca pre-medica, imitato,
dopo la morte del Merisi, dai caravaggeschi di mezza Europa.
